Il Rio
Grande do Sul
Stato
brasiliano, all'estremo sud del Brasile, dalle caratteristiche
peculiari per ragioni storiche, etniche e geografiche. Confina,
infatti, a sud con l'Uruguay e ad ovest con l'Argentina e si tratta
di un territorio conquistato dai portoghesi alla corona spagnola, in
oltraggio al trattato di Tordesillas per il quale il
“Continente di San Pedro”, come era conosciuto, avrebbe dovuto
far parte del dominio spagnolo. Le lotte per il possesso del
territorio fanno parte dell'epopea del Rio Grande do Sul, visto che
la guerra di guerriglia era portata avanti dagli abitanti stessi che
combattevano come forze irregolari contro forze altrettanto
irregolari da parte spagnola. Sono state invece realizzate dagli
eserciti regolari la conquista della città di Colonia da parte dei
portoghesi e la reazione spagnola che portò all'occupazione della
città di Rio Grande (unico porto naturale dello Stato) e la guerra
di spagnoli e portoghesi alleati contro le missioni gesuitiche e la
guerra contro il Paraguay.
Un fatto
storico mitizzato, opportunamente rinverdito negli anni Ottanta del
secolo scorso, è stato assunto come memoria comune da tutti gli
abitanti compresi i discendenti di immigranti che cercavano un
passato comune nella nuova terra. Si tratta della “Rivoluzione
Farroupilha”, un'insurrezione iniziata nel 1835 dai proprietari
terrieri contro una tassa imposta dal governo centrale
sull'esportazione della carne secca (charque) maggior fonte di
reddito del territorio. I proprietari terrieri che mantenevano
eserciti privati a difesa delle frontiere (eserciti aboliti solo
negli anni trenta del secolo XX) iniziano una guerra contro le forze
regolari. La presenza di fuorusciti europei, in particolare italiani
di fede politica repubblicana trasformarono questa insurrezione in
una rivoluzione repubblicana (la costituzione fu ispirata e redatta
dal conte italiano Tito Livio Zambeccari) alla difesa della quale
accorsero rivoluzionari da molto lontano. Tra questi Garibaldi che
gode qui di una fama intoccabile. Questi eserciti privati, guidati
dagli stessi proprietari che avevano impegnato uomini e denaro in
questa lotta e i cui nomi dominano la toponomastica di ogni città,
erano formati da centinaia di “famigli” detti appunto gauchos
in gran parte meticci delle antiche popolazioni indigene sottomesse
dopo l'espulsione dei gesuiti. Essi si occupavano (la figura mitica
sopravvive ancor oggi) delle immense mandrie bovine, all'epoca
selvagge, vivevano a cavallo, mangiavano carne tutti i giorni, erano
uomini liberi e orgogliosi che non sopportavano umiliazioni. Vi erano
anche formazioni formate da schiavi che, attirati dalla promessa di
libertà per chi combattesse si presentavano più o meno
volontariamente. I lancheiros negros, al di lá di una facile
mitizzazione posteriore ad uso dei loro discendenti, erano temuti
dagli “imperiali” per il loro coraggio e furono determinanti in
varie delle numerose e sanguinose battaglie avvenute in dieci lunghi
anni.
Nel 1824
inizia la "colonizzazione" europea con l'arrivo programmato
e finanziato dall'allora Impero del Brasile di immigranti tedeschi
che saranno seguiti da altrettante immigrazioni programmate di
italiani (nel 1875, ma già dal 1860 vi era stata una forte
immigrazione italiana oriunda dal bacino del Plata), austriaci,
svizzeri, russi, polacchi e giapponesi (senza contare altri tentativi
falliti con inglesi e americani reduci dalla guerra civile). Vi è
quindi nel Rio Grande do Sul un misto di etnie europee tra le quali
prevalgono, per numero di immigrati e per numero di discendenti, gli
italiani ed i tedeschi.
La figura
mitica del gaucho venne adottata, come già detto, da molti
immigranti sopratutto italiani che vedevano in essa un simbolo della
loro libertà conquistata. Gli umili contadini partiti dal Lombardo
Veneto (le popolazioni meridionali italiane erano state considerate
dal governo brasiliano non affidabili) divenuti proprietari di terre
(il modulo minimo coloniale era di trenta ettari e poteva arrivare a
100 ettari, un'estensione immensa se paragonata ai fazzoletti di
terra in Italia), vanno a cavallo, hanno gli stivali e appena possono
si comprano il fucile. Sono insomma diventati dei “signori” e
possono ostentarne gli status simbol con orgoglio.
Il mito
corona comunque una realtà fatta di lavoro e di progresso che ha
permesso lo sviluppo dello Stato soprattutto nelle regioni coloniali
dove la piccola e media impresa, alleate ad una base agricola
familiare, formano un tessuto economico di tutto rispetto. Le regioni
invece dove ancora domina il latifondo continuano a vivere un
sottosviluppo arcaico appena imbellettato da macchine e tecnologie
moderne.
La grande
estensione del territorio ha creato delle enclave dove gli immigranti
sono rimasti sempre un po' stranieri
ed ancor oggi, anche se tutti i giovani, praticamente, parlano
portoghese, in famiglia e nelle cittadine si continua a parlare il
“talian” (una koinè di dialetti lombardo-veneti e portoghese),
dialetti tedeschi (pomerano) e giapponese. Questa diversità
linguistica pur attenuata dalla vita moderna (tv e spostamenti per
studio e lavoro) è ancora viva anche nei più giovani e diventa
evidente quando il gaucho inizia a parlare una lingua
“straniera”. Le varianti linguistiche dei dialetti veneti, per
esempio, sono ancora presenti nelle difficoltà di pronuncia (sc e
geminate) e nel portoghese parlato dove sorgono strutture dialettali
quali l'uso dei pronominali, totalmente assente nel portoghese
brasiliano corretto (*me vou).